domenica 13 ottobre 2013

Le punizioni vincenti di un derby della Mole


"Nel Torino, la smania di vincere potrebbe portare a conclusioni amarissime. Si lascino attaccare i più forti, se proprio vogliono rischiare: oppure, ci si rassegni al peggio. La divertente teoria secondo cui il derby toccherebbe sempre alla meno favorita è proprio nata dalla presunzione dei più forti. Illudendosi, lo stesso Trap ha già provato sorprese molto sgradevoli: non credo voglia correre il minimo rischio. E' dunque possibile che il derby di oggi non vada oltre le schermaglie introduttive, e annoi la sua parte". Con queste parole Gianni Brera fotografava una stracittadina, il derby della Mole previsto per il 13 ottobre 1985 (esattamente ventotto anni fa), che le due contendenti non avevano ancora disputato. Se analizzare un incontro a giochi fatti è un esercizio dialettico relativamente semplice, è sicuramente più complicato prevedere l'andamento di una partita quando l'arbitro non ha ancora fischiato il calcio d'inizio. E, soprattutto, azzeccarne il pronostico.

Dopo solo mezz'ora di gioco, proprio in quelle che il popolare giornalista definiva "schermaglie introduttive", la Juventus si era già portata sul 2-0. Due calci di punizione, il primo deviato in rete da Aldo Serena su tiro scagliato da Cabrini ed il secondo ad opera di Michel Platini, le avevano consentito di prendere velocemente il largo. A quel punto non restava che piazzare il muro difensivo a protezione di Tacconi in attesa della prevedibile reazione dei granata. Che in effetti arrivò, ma produsse soltanto il goal dell'1-2 per effetto della marcatura di Junior. Su calcio di punizione, ovviamente, la cui traiettoria venne deviata anch'essa in rete dal gomito sinistro di Scirea.

Si trattava della sesta giornata del campionato 1985/86, la Juventus in quella stagione era riuscita a vincere le prime otto gare consecutive. Da Napoli, intanto, Diego Armando Maradona lanciava messaggi minacciosi alla Signora: "Aspetto la Juve al "San Paolo". Solo allora sapremo se è davvero la squadra più forte". Alla nona tappa del torneo Madama effettivamente cadde a causa di una rete segnata dal numero dieci argentino. Su punizione, naturalmente. Ma lo scudetto, il numero ventidue della sua storia, andò ancora una volta al club torinese.

Tornando al derby della Mole, nella pancia dello "Stadio Olimpico" Michel Platini non mostrava particolare entusiasmo per la sua prima rete stagionale (la settima in altrettante stracittadine): "Ok, ho rotto il ghiaccio, lo metto nel whisky... E' facile dire che il pareggio poteva essere il risultato più giusto". Luigi Radice, il tecnico dei granata, era della stessa idea del francese: "La media di realizzazione del bianconeri è stata elevata. Il cento per cento. Indubbiamente, almeno contro di noi, un pizzico di fortuna l'hanno anche avuto. Però non bisogna dimenticare chi è la Juventus: ha ottenuto il vantaggio eppoi è stata capace di difenderlo. Noi abbiamo tenuto in mano la partita per tutto il secondo tempo però non slamo riusciti a concretizzare tutto quello che si faceva, a buttar dentro il pallone, che è poi quello che conta".

Punzecchiato da Walter Schachner ("La novità tattica del bianconeri è quella di giocare con una punta (Serena) e cinque centrocampisti"), Trapattoni rispondeva alle critiche con i numeri: "Ma se Laudrup ha segnato tre gol... E' chiaro che la squadra assume differenti atteggiamenti tattici a seconda delle circostanze, ci sono partite che richiedono due punte, altre in cui anche avendone quattro non riesci a sfruttarle".

Il ritmo elevatissimo che in campionato la Juventus stava imponendo alle avversarie stimolava confronti importanti con altre sue versioni precedenti. Renato Zaccarelli, capitano del Torino, su questo tema espresse la propria opinione: "Sento paragoni con la Juve dei 51 punti che secondo me non stanno in piedi. Quella ti metteva sotto per novanta minuti e creava dieci occasioni, questa vince facendo un tiro in tutto. Può anche darsi che questa Juve di punti ne faccia sessanta, ma da quella là le prenderebbe".
Presto, però, le discussioni nel merito sarebbero finite: Trapattoni avrebbe abbandonato Torino a fine stagione, mentre Platini fece altrettanto a distanza di un anno. Quel ciclo favoloso, ormai, era arrivato agli sgoccioli.
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 Articolo pubblicato su Lettera43

1 commento:

Danny67 ha detto...

Carissimo Thomas, nel leggere le parole di Gianni Brera, provo ancora più ribrezzo per tutti coloro che oggi si vantano di fare lo stesso mestiere di colui che, insieme a pochi altri, trasformò la professione di giornalista sportivo (e non) in autentica poesia.