"La storia è fatta da chi scrive il proprio nome, gli altri possono leggerlo". Sfogliando le pagine della biografia di Antonio Conte (“Testa, cuore e gambe”) all'improvviso compare questa frase, divenuta ormai un marchio di fabbrica del tecnico leccese. Una curiosità: è stampata, nero su bianco, sulla pagina centouno del libro, quasi lo stesso numero dei punti accumulati in serie A da Madama in questa memorabile stagione.
Dalla serata di lunedì una
buona fetta del popolo bianconero può festeggiare la notizia della
permanenza dell'allenatore sotto la Mole anche per il prossimo anno.
Mettendo da parte i sentimenti e i sentimentalismi, più passano gli
anni, più si ripetono le stesse scene durante il mese di maggio e
meno si può parlare di scelte dettate dal cuore. Tempo addietro
teatrini come quelli messi in scena a Torino appartenevano
esclusivamente ai calciatori, tanto abili nel monetizzare i risultati
conseguiti sul campo da mettere in discussione gli emolumenti
economici stabiliti con il club di appartenenza e fissati su un
foglio di carta. Quello che una volta, per intenderci, veniva
chiamato contratto di lavoro.
La pietra miliare della Juventus
vincitrice di tre scudetti consecutivi è stata la scelta, operata
dal club, del tecnico che avrebbe dovuto guidarla. I meriti di Conte
nei successi bianconeri sono notevoli, tangibili, innegabili. E'
inutile stabilire una percentuale di incidenza, basta ricordare che
ci sono e che non sono pochi. Non va dimenticato, però, che uno dei
pilastri fondamentali sui quali costruire una squadra vincente è
rappresentato dal valore del rapporto tra una società ed il suo
allenatore. Se entrambe le parti remano nella stessa direzione,
allora anche le altre componenti finiscono inevitabilmente per
seguire la stessa rotta.
In caso contrario, e alla
Juventus lo sanno bene (visto quanto è accaduto con Marcello Lippi
nella stagione 1998/99), anche le macchine all'apparenza perfette
iniziano a guastarsi. Poi, come è naturale che sia, esistono anche
le piacevoli eccezioni. Come quella, ad esempio, di Dino Zoff,
accantonato da una nuova dirigenza con largo anticipo ma in grado di
vincere comunque una Coppa Italia ed una Coppa Uefa nel 1990.
All'epoca dei fatti i giocatori juventini si erano stretti intorno
all'ex portiere della nazionale, formando un gruppo granitico in
grado di ottenere risultati incredibili. Soprattutto in
considerazione del reale tasso tecnico di quella rosa.
La vera notizia, quella che
dovrebbe rassicurare i tifosi bianconeri e preoccupare - di
conseguenza - quelli avversari, è quella che ancora deve venire.
Soltanto quando si capirà chiaramente quanto Conte e la Vecchia
Signora abbiano voglia di continuare a vincere insieme, il futuro in
casa Juventus potrà apparire nuovamente roseo.
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2 commenti:
due pensieri che mi sono venuti ieri sera: il primo è una frase detta dalla moglie di Conte il primo anno, "me lo stanno consumando"... (si riferiva alla voce, finiva afono ogni partita). Però come sta Conte lo sa solo Conte, certo sono stati tre anni molto intensi (eufemismo), per tutti.
Il secondo pensiero, insistente: se è vera la storia di Mihajlovic, che qualcuno accompagni con gentilezza Marotta fuori dalla porta. Se vuole tornare alla Samp, per me è libero di farlo. (sempre che sia vero, s'intende). (perché non Zaccheroni, allora? in fin dei conti Zac ha un bel curriculum e qualcosa ha vinto davvero, non è uno da settimo posto)
Abbiamo scansato il problema di portarci a casa Mihajlovic...
;-)
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