L'ultima
occasione nella quale la Juventus era giunta sino agli ottavi di finale della
Champions League risaliva al 2009: tra febbraio (25) e marzo (10) di quell'anno
venne estromessa dalla manifestazione per mano del Chelsea.
Il destino
ha voluto che il suo ritorno nel ristretto novero delle sedici migliori squadre
d'Europa abbia determinato l'eliminazione dal torneo dei Blues, peraltro
detentori della coppa.
Nella fredda Donetsk a Madama sarebbe bastato un pareggio per passare il turno. Un "biscotto", usando lo stesso linguaggio di chi, maliziosamente, aveva immaginato un incontro amichevole tra le due formazioni piuttosto di una battaglia sportiva all'ultimo gol.
Persino Lucescu, tecnico degli ucraini, si era divertito a scherzare sull'argomento: "I biscotti? Dipende da come sono, se dolci o amari". Al termine della contesa, incassata una inaspettata sconfitta e fatti i doverosi complimenti all'avversario, ha finito per perdere l'aplomb mostrato in altre situazioni: "Per me sul gol c'era fuorigioco, ho capito che per arrivare a certi livelli bisogna avere anche una certa forza politica".
Nella fredda Donetsk a Madama sarebbe bastato un pareggio per passare il turno. Un "biscotto", usando lo stesso linguaggio di chi, maliziosamente, aveva immaginato un incontro amichevole tra le due formazioni piuttosto di una battaglia sportiva all'ultimo gol.
Persino Lucescu, tecnico degli ucraini, si era divertito a scherzare sull'argomento: "I biscotti? Dipende da come sono, se dolci o amari". Al termine della contesa, incassata una inaspettata sconfitta e fatti i doverosi complimenti all'avversario, ha finito per perdere l'aplomb mostrato in altre situazioni: "Per me sul gol c'era fuorigioco, ho capito che per arrivare a certi livelli bisogna avere anche una certa forza politica".
Una simile
dichiarazione non ha reso onore al tecnico romeno, considerando oltretutto che
prima dell'episodio contestato alla Juventus era stato negato un rigore solare
per un fallo di mano di Fernandinho.
Proprio l'allenatore, che l'aveva definita a più riprese "prevedibile in
attacco", è rimasto sorpreso dall'atteggiamento tenuto sul campo dalla
Vecchia Signora. Mettendo a confronto le gare giocate tra le due formazioni a
Torino e a Donetsk risulta evidente la maturazione raggiunta dagli uomini di
Conte in un arco di tempo relativamente breve.
Tra la Juventus dallo spirito garibaldino che abitualmente impone il proprio gioco in Italia e quella che alternava buone prestazioni ad altre opache in Europa la differenza, prima dello scontro decisivo, era ancora marcata. Adesso è diventata sottilissima. La vittoria esterna conseguita in Ucraina è stata costruita a centrocampo, mattone su mattone, pallone su pallone, laddove a Torino avevano spadroneggiato gli avversari.
Nella linea mediana bianconera, inoltre, mancava lo squalificato Marchisio, mattatore con una doppietta personale nell'ultimo derby della Mole (sostituito da Pogba). Ai cronisti presenti sabato scorso nella pancia dello "Juventus Stadium" lo stesso centrocampista aveva confessato: "È un risultato che ci dà una grande spinta, prima di tutto per il campionato, volevamo riscattarci. A Milano abbiamo giocato senza voglia, senza carattere". E senza forze. Perché la domenica precedente, al "Meazza", la Vecchia Signora aveva dato l'impressione di essere una fuoriserie alla quale mancava benzina nel motore.
Analizzando la sconfitta patita contro i rossoneri i critici avevano posto l'accento sulla mancanza di turnover tra i giocatori e di imprevedibilità della squadra, fossilizzata su un 3-5-2 che sembrava non avere più alternative tattiche. Sconfitti i granata dopo aver cambiato modulo in molti attendevano da Conte ulteriori novità in vista della gara decisiva in Champions League.
Tra la Juventus dallo spirito garibaldino che abitualmente impone il proprio gioco in Italia e quella che alternava buone prestazioni ad altre opache in Europa la differenza, prima dello scontro decisivo, era ancora marcata. Adesso è diventata sottilissima. La vittoria esterna conseguita in Ucraina è stata costruita a centrocampo, mattone su mattone, pallone su pallone, laddove a Torino avevano spadroneggiato gli avversari.
Nella linea mediana bianconera, inoltre, mancava lo squalificato Marchisio, mattatore con una doppietta personale nell'ultimo derby della Mole (sostituito da Pogba). Ai cronisti presenti sabato scorso nella pancia dello "Juventus Stadium" lo stesso centrocampista aveva confessato: "È un risultato che ci dà una grande spinta, prima di tutto per il campionato, volevamo riscattarci. A Milano abbiamo giocato senza voglia, senza carattere". E senza forze. Perché la domenica precedente, al "Meazza", la Vecchia Signora aveva dato l'impressione di essere una fuoriserie alla quale mancava benzina nel motore.
Analizzando la sconfitta patita contro i rossoneri i critici avevano posto l'accento sulla mancanza di turnover tra i giocatori e di imprevedibilità della squadra, fossilizzata su un 3-5-2 che sembrava non avere più alternative tattiche. Sconfitti i granata dopo aver cambiato modulo in molti attendevano da Conte ulteriori novità in vista della gara decisiva in Champions League.
Il successo
di Donetsk, invece, più che alla lavagna è maturato nella testa dei bianconeri,
che ora ritroveranno il loro tecnico dopo l'esilio forzato in tribuna. A questo
proposito va ricordato come le nubi piene di dubbi che la scorsa estate si
addensarono sulla società sono state scacciate dai risultati ottenuti nel
frattempo dalla squadra, attualmente in testa alla Serie A con due punti di
vantaggio sulla seconda in classifica e qualificata agli ottavi di finale come
prima all'interno di un gruppo non certo semplice.
Andrea Agnelli, che il 6 dicembre ha spento trentasette candeline, per il suo compleanno non avrebbe potuto chiedere un regalo più bello. Sono trascorsi poco più di due anni e mezzo dal momento in cui si è insediato al timone del club. Allora si badava soprattutto a leccare le ferite, tamponare i buchi del bilancio ed arginare le emorragie di sconfitte sul campo. Oggi, invece, si respira un'aria diversa. Che emana profumo di vittorie.
Andrea Agnelli, che il 6 dicembre ha spento trentasette candeline, per il suo compleanno non avrebbe potuto chiedere un regalo più bello. Sono trascorsi poco più di due anni e mezzo dal momento in cui si è insediato al timone del club. Allora si badava soprattutto a leccare le ferite, tamponare i buchi del bilancio ed arginare le emorragie di sconfitte sul campo. Oggi, invece, si respira un'aria diversa. Che emana profumo di vittorie.
7 commenti:
Non è piaciuto neanche a me l'atteggiamento pre e post-partita di Lucescu. Prima presunzione e poi vittimismo: due caratteristiche che non apprezzo per niente.
La Juventus pare aver superato l'emozione del ritorno in Europa. La vittoria sul campo dello Shakhtar ha sancito il rientro ufficiale nel calcio che conta, un rientro dalla porta principale e con tutti gli onori. Il ritorno di Conte sulla panchina dopo l'assurda squalifica avrà un'importanza fondamentale nella fase più difficile della stagione.
Dopo l'insediamento di Andrea Agnelli alla presidenza e la successiva chiamata di Antonio Conte sulla panchina, memore dei 'fasti' di Cobolli Gigli, Blanc e Secco e dei due settimi posti consecutivi, avevo solo un desiderio: ritornare ad essere orgoglioso della mia squadra del cuore. Non chiedevo vittorie, speravo solo di rivedere una squadra che giocasse a calcio e giocatori che dessero tutto in campo. E quando ci si mette tutto l'impegno la sconfitta è sempre onorevole.
Ora posso dire di aver ricevuto molto più di quanto avessi chiesto. È ovvio che spero di vincere tanto, ma vedere questa squadra è già una grande soddisfazione.
pienamente d'accordo con te Paolo, stiamo veramente ricevendo molto di più di quanto sperassimo.
Thomas la tua frase "La vittoria esterna conseguita in Ucraina è stata costruita a centrocampo, mattone su mattone, pallone su pallone" è la sintesi perfetta della prestazione della Juventus ed inquadra in pieno l'atteggiamento tattico e mentale che ha permesso ai ragazzi di conquistare un risultato di prestigio e che, non dimentichiamolo, farà entrare nelle casse della società diversi milioni di euro importantissimi per il mercato.
Su Lucescu sorvolerei...la brutta figura l'ha fatta lui.
@Paolo: commento bellissimo.
@Danny67: grazie ;-)
Su Lucescu: mi ha deluso, non mi aspettavo le piccole provocazioni del pre-partita (comunque “accettate”, rientrano nella normale dialettica), non ho capito le successive allusioni.
Quindi, seguendo la sua logica, se dovesse vincere la Champions League vorrebbe dire che nel frattempo la federazione ucraina è diventata una “potenza”?
Ma per l'amor di Dio...
Un abbraccio di cuore ad entrambi!
Buon sabato
La differenza con Ranieri, che pure ci ha fatto vincere a Madrid con Mellberg, Molinaro e Marchionni (mai dimenticarlo!) è che questa squadra è molto più giovane, il futuro promette bene. Infatti il povero Ferrara si ritrovò con otto giocatori a fine carriera, contro il Bayern... Oggi, comunque vada a finire, nel futuro ci possiamo sperare eccome.
Quanto a Lucescu, mi è sembrato disteso e sorridente: purtroppo per lui, è passato dall'Inter dove gli hanno insegnato queste cose. Mi è sembrato però un discorso rivolto allo Shaktar, più che alla Juve, nel senso che stava dicendo "anche noi siamo una società importante" - in effetti non è che lo Shaktar sia molto considerato, ancora oggi.
A noi è andata bene perché mancava Luiz Adriano, questo va detto. Con il bomber campo avremmo avuto molti problemi in più.
Comunque sia, mi sembra inutile preoccuparsi del sorteggio: se si arriva a questo punto, chi viene viene. Davvero si pensa che col Valencia o col Celtic sarebbe tutto più facile? Il Celtic ha sconfitto il Barcellona, e una delle peggiori sconfitte della Juve è quella col Deportivo La Coruña...
No, non sarà facile comunque, Giuliano
;-)
Però il Real Madrid preferirei evitarlo, se possibile.
Anche se pure loro, ultimamente, quando ci incontrano vedono i sorci verdi...
Un abbraccio!!!
Non ho mai pianto per una sconfitta della Juventus, ma confesso di averlo fatto per qualche vittoria. Sono state molto poche, ma quella di Madrid, doppietta di Del Piero con Ranieri in panchina, fu una di quelle.
In quel momento fu un'emozione molto forte, sembrò la fine di un incubo...
Ora l'incubo è finito per davvero
Apro il libro delle confessioni, Paolo.
Mi è scesa qualche lacrimuccia in più di un'occasione per una vittoria della Juventus. Viceversa, come accade a te, per le sconfitte non ho mai pianto.
A memoria restano nitidi due successi dove mi sono realmente emozionato, vissuti entrambi dal vivo (allo stadio “Delle Alpi”): Juventus – Manchester United 1-0 del 10 dicembre 1997 e Juventus – Real Madrid 2-0 del 9 marzo 2005. Si trattava di gare disputate in un clima particolarmente teso in Champions League.
Sulla seconda ti racconto un aneddoto: al rientro da Torino avevo ricevuto una telefonata sul cellulare (all'epoca non memorizzavo tutti i numeri), immaginavo si trattasse del mio responsabile, con il quale parlo spesso di calcio.
Esordisco dicendo: “Venimmo, vedemmo e li incul...o”.
Per poi scoppiare in una fragorosa risata.
Piccolo particolare: per un solo numero, l'ultimo, quel cellulare differenziava da quello messo a sua disposizione dall'azienda presso la quale lavoro.
In realtà dall'altra parte del telefono c'era un collaboratore della ditta, ormai in pensione, tifoso granata, con il quale amichevolmente ci prendevamo in giro discutendo di pallone.
Rimasi impietrito per circa 50 km...
;-)
Un abbraccio e a presto!
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