sabato 5 marzo 2011

Quando un'autorete di Chamot lanciò la Juve verso il tricolore

"La mia non è una polemica con Carletto, che reputo una persona per bene, quanto piuttosto una difesa dell'onestà di giudizio. Perché sono mesi, ormai, che viene messa in parallelo la mia ultima stagione alla Juventus con le due di Ancelotti. L'accostamento andrebbe fatto su sei stagioni...". Da quando in estate Marcello Lippi era rientrato alla corte della Vecchia Signora per prendere il posto occupato sino a quel momento da Carlo Ancelotti, così come era accaduto a parti invertite nel febbraio del 1999, i media avevano ripetutamente paragonato il percorso della nuova creatura del tecnico viareggino con quella guidata in precedenza dall'allenatore di Reggiolo. Per il quale, terminata l’esperienza bianconera con due secondi posti in altrettanti campionati interi da lui disputati su quella panchina, il destino riservò un ritorno al Milan dopo la felice esperienza da calciatore.
"Strano, no? Io ne ho fatti 144 in due anni e non sono bastati". Con questa chiara allusione ai punti accumulati da Madama durante il suo periodo trascorso a Torino (71 punti il primo anno e 73 nel secondo) il mister rossonero si presentò allo stadio "Delle Alpi" il 14 aprile 2002 nel tentativo di fare bottino pieno, per continuare la rincorsa a quel quarto posto in classifica indispensabile per disputare i preliminari per l'ammissione alla successiva edizione della Champions League. La Juventus, dal canto suo, a quattro giornate dalla conclusione del campionato si trovava a tre sole lunghezze di distanza dall'Inter capolista.

Privo di due pezzi da novanta del calibro di Montero e Nedved, Lippi fu costretto a mettere mano alla formazione titolare per trovare una valida soluzione da contrapporre agli ospiti. Alla fine optò per il classico 4-4-2, abbandonando così l’idea di cercare un'alternativa al forte calciatore ceco da inserire nella posizione di trequartista dietro le punte Del Piero e Trezeguet. Zambrotta venne spostato avanti di qualche metro rispetto all’abituale posizione di terzino sinistro e sistemato all’altezza della linea mediana del campo, con il conseguente inserimento di Pessotto come suo sostituto in difesa. Nell'altro versante mise Zenoni davanti a Thuram, laterale destro di un reparto arretrato che aveva come coppia centrale il duo Ferrara-Iuliano. Antonio Conte e Davids vennero inseriti nel cuore del centrocampo bianconero, pronti a battagliare con Ambrosini e Gattuso, i loro dirimpettai in maglia rossonera.
Anche Ancelotti, che a sua volta dovette fare a meno di Rui Costa, decise di adottare lo stesso modulo scelto dal tecnico viareggino, rinunciando a priori alla regia di Albertini e Pirlo per puntare su un assetto di sostanza e corsa, quella che Contra e Serginho avrebbero dovuto garantire al Milan lungo le corsie laterali. La dinamica dell'incontro, però, non potè che risentire degli effetti di due formazioni schierate sul campo in maniera così speculare.
La partita offrì pochi spunti di cronaca per quasi tutta la sua durata, riservando il meglio di sé per i minuti finali. Il solo Davids riuscì ad effettuare una conclusione degna di nota per i padroni di casa al 38' della prima frazione di gioco (rasoterra innocuo di sinistro). Per il resto, come se Madama fosse ipnotizzata dal pensiero di dover vincere a tutti costi per mantenere il passo dell’Inter, fu il Milan a dimostrare sul campo una maggior determinazione nel voler prevalere sull'avversario. Shevchenko e Inzaghi, costantemente messi in fuorigioco dall'eccellente applicazione dei movimenti in tal senso da parte di Ferrara e Iuliano (per ben quattordici volte vennero fermati in offside dai guardalinee), provarono invano ad impensierire Buffon in due occasioni con tiri al limite della pericolosità.
Al termine del primo tempo Ancelotti aveva già dovuto effettuare due sostituzioni a causa degli infortuni occorsi a Contra e Serginho, al posto dei quali subentrarono Albertini e Pirlo. La squadra ospite passò così da un 4-4-2 naturale ad uno “mascherato”, con la contemporanea presenza di quattro centrocampisti centrali poco inclini per le loro caratteristiche a muoversi sulle fasce. Altri due tentativi falliti da parte di Shevchenko e dello stesso Pirlo (che costrinse Buffon ad un difficile intervento recuperando una sua ribattuta a seguito di un cross velenoso di Kaladze) sembravano condurre la gara ad un inevitabile pareggio, quando - al 33' della ripresa - accadde quello che nessuno si aspettava: una punizione calciata in area di rigore rossonera da Del Piero venne involontariamente deviata nella propria porta da Chamot. Il Milan, rimasto qualche attimo prima in dieci uomini per un altro infortunio patito da Albertini a cambi ormai esauriti per l'ingresso di Roque Junior per Helveg (al 27'), si trovò nella condizione di cercare un disperato recupero in inferiorità numerica. Lippi, dal canto suo, aveva già provveduto a togliere un evanescente Zenoni per inserire Zalayeta, con il conseguente arretramento dello stesso Del Piero nella posizione di trequartista.

Trovato fortunosamente il goal, la Juventus si sbloccò, attaccando con decisione la porta difesa da Abbiati. Trezeguet (due volte) e lo stesso numero dieci bianconero tentarono di arrivare al raddoppio prima della fine dell'incontro, con il solo Inzaghi, per gli ospiti, che al 39' gettò al vento un'ottima occasione per raddrizzare le sorti della gara. Per Moggi il successo appena ottenuto si poteva riassumere nelle parole "carattere e fortuna", mentre Lippi dichiarò: "Sarò sincero: prima che le partite cominciassero, avrei messo la firma su una situazione del genere. In fondo, eravamo noi ad avere l'impegno più difficile. Quindi, non aver perso contatto dalle prime è un ottimo risultato. Sarà domenica prossima il giorno in cui potremo recuperare qualche punto: ci sarà un bel Milan-Roma, un bel Chievo-Inter, qualcosa potrebbe di nuovo succedere. Anche se noi a Piacenza incontreremo delle difficoltà". Ad aiutare a superarle ci avrebbe pensato Pavel Nedved, mentre per quanto riguarda il match dei nerazzurri l'allenatore viareggino si dimostrò un buon profeta (finì 2-2).
Il campionato terminò il 5 maggio 2002 con uno degli scudetti più belli e sofferti di Madama, che concluse la stagione con 71 punti.
Quell'anno furono sufficienti per vincere il tricolore...

Articolo pubblicato su

6 commenti:

marco99 ha detto...

Carletto è uno di quei tecnici che non rimpiangerò mai.
Con noi è stato uno da zeru tituli.

un abbraccio

Thomas ha detto...

Da noi sì, non ha vinto nulla.

Purtroppo ha iniziato quando è passato al lato oscuro della forza...
;-)

Un abbraccio

Giuliano ha detto...

Questa mi piace: non a caso, il simbolo del Milan è proprio quello lì, l'inizio del Libro di Giobbe, l'inzio del Faust di Goethe...
Ogni tanto me le chiedo, queste cose: come per Amburgo-Juve, Bettega Tardelli Rossi Platini Boniek, e nemmeno un tiro in porta, o magari - meglio - quel Milan Juve finale di Champions...
Le rouge et le noir, il sangue e i pirati...

Thomas ha detto...

Grazie, Giuliano ;-)

Oggi è una bellissima giornata di sole.
Sino a poco tempo fa mi lamentavo del fatto che molte gare della Juventus di quest'anno era previsto che si giocassero al sabato sera. Avrei preferito la domenica pomeriggio.

Ora sono contento sia andata così: conoscendomi, avrei buttato via delle ore di mare per farmi del sangue marcio.

Vado in spiaggia. Dopo l'ennesima figuraccia...

Un abbraccio e buona domenica

JUVE 90 ha detto...

bei tempi quelli in cui questa partita valeva lo scudetto, ieri non è stata la stessa cosa...

Ancelotti venne esonerato non per 2 secondi posti, ma per aver perso 2 campionati di cui il primo praticamente vinto.

P.S. Tomas? Al mare?? O_O qua c'è un tempo da lupi

Thomas ha detto...

Qui oggi no, Sante
:-)

Giornata stupenda.
Tranquillo: hanno detto che già da domani la temperatura si abbasserà dai 5 agli 8 gradi...
:-)

Un abbraccio e buona domenica